La luna e i falò
recensione Cucchiaio d’Argento del 15 Novembre 2012
Ne La luna e i falò;
“ Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti “.
A volte anche in un pansoto (il panciuto raviolo ligure) c’è qualcosa di sé; a volte, quando si ritorna al paese, l’unico desiderio è quella placida alternanza tra il dormire e l’ingerire, senza slanci bucolici o reminescenze di legami amicali. Pensare solo a cosa si mangerà al pasto successivo è compito facile quando la cucina domestica è una certezza; in più, tutto ciò che non viene preparato in casa, arriva da giacimenti gastronomici di comprovata qualità, imperitura nei secoli dei secoli.
A Lavagna, in provincia di Genova, località nota per il turismo balneare, è impossibile prescindere, per noi emigranti ma anche per i villeggianti, da una visita al Pastificio Dasso. Ogni volta che assaggio i pansoti del pastificio, mi stupisco di quanto siano buoni. Eppure li mangio dagli anni in cui guardavo i Puffi alla TV; quando, per esempio, mi trovo con qualcuno che non li ha mai assaggiati e che mi dice che sono ottimi, io ribadisco il concetto, come se, anche per me, fosse la prima volta. E non è saudade, è gola.

Il signor Dasso è una figura quasi mitologica a Lavagna, forse più del farmacista e del notaio. Self-made man fortemente legato al mondo agricolo (a tutt’oggi fa parte della Cooperativa Agricola Lavagnina, con lo scopo di valorizzare le peculiarità del territorio), insieme alla moglie ha aperto il pastificio nel 1986.
Il fiore all’occhiello della produzione sono, appunto, i pansoti che vengono piegati a mano uno ad uno: il pastificio Dasso è rimasto uno degli ultimi ad eseguire questo origami raviolesco. ll ripieno è preparato con ricotta, spinaci, parmigiano, uova, maggiorana e aglio; e, mors del pansoto vita mea, come condimento, salsa di noci.

E che dire dei raieü co-i buraxi (ravioli di borragine)? La borragine è un’erba spontanea e dispettosa che cresce quando e come vuole; altro esempio di come il pastificio Dasso non vada all’inseguimento di una produzione massiva, ma, piuttosto, persegua l’obiettivo dell’eccellenza. Questi ravioli appagano già dalla masticazione perché la rugosità della borragine rende il ripieno più potente rispetto a quello con soli spinaci o bietole; annegati nel tocco (il sugo preparato con un pezzo di carne intero che si sfila a seguito di lunga cottura), sono un toccasana per la mente, combattano lo stress e non danno effetti collaterali (rispettando le dosi consigliate, che sono di 150 grammi a persona).
E poi corzetti, la pasta stampata che fa più chic delle iniziali sulle camicie, trofie bianche, verdi e di castagna, tortelli di zucca, di patate e tutto ciò che di meglio esiste come pasta fresca e sughi.
Nonostante la congiuntura economica negativa che tutti attanaglia, il pastificio ha scelto di rendere la produzione ancor più legata al territorio e lontana da processi industriali.
tuberi a km zero: si utilizza la patata Kennebec (una delle cultivar più diffuse sul territorio italiano) coltivata nelle valli circostanti e adatta per la consistenza farinosa. L’apprezzamento dei clienti per la novità è espresso alla ligure maniera, pratica e poco complimentosa: chi è in grado di prepararseli a casa non li comprava, ora lo fa. Il salto di qualità dal fiocco alla polpa e altre iniziative simili, sono da attribuirsi alla nuova generazione che lavora nel pastificio. La progenie non si è semplicemente trovata a occuparsi dell’azienda di famiglia ma ha scelto tra questa e un’avviata carriera post laurea. Perchè, in controtendenza alla fuga di cervelli, un paese ci vuole anche per il gusto di restare.
Paola Caravaggio
